L’emergenza del terrorismo nelle società globalizzate sollecita un rinnovato impegno delle scienze sociali e politiche, e risponde comunque alle premesse etiche di un programma di “rilevante interesse nazionale”. Ecco perché 6 gruppi di ricerca di Dipartimenti e Università diversi e distribuiti sul territorio si sono ritrovati per impulso comune a ritenere centrale lo studio del terrorismo e soprattutto la sua evidente variante moderna, data dall’ormai lampante compenetrazione con i media democratici e i loro rituali comunicativi.
Lo studio si concentra però anche sulle fonti dell’informazione e sull’enfatizzazione prodotta sui pubblici. Al centro dell’indagine c’è dunque “l’ipertensione comunicativa” che si traduce in una diffusione sociale generalizzata dell’incertezza e della paura, senza escludere la preoccupazione che – a fronte di continue emergenze della percezione – si faccia strada il timore di una débâcle del sistema normativo, istituzionale ed economico delle democrazie.
Occorre riflettere attentamente sul nuovo contesto sociale condizionato dal marketing del terrorismo e, all’opposto, dall’appello a impossibili risposte securitarie, che possono paradossalmente produrre l’effetto di aumentare l’ansia collettiva. Questo stato di cose finisce comunque per attaccare la razionalità individuale e ridimensionare livelli già profondamente stressati di risposta e partecipazione civile. Ogni volta che si alzano i decibel della comunicazione d’emergenza c’è più disagio sociale, soprattutto a carico dei soggetti che per età e cultura sono più vulnerabili alla comunicazione di crisi.
Il dibattito su vecchi e nuovi terrorismi si è evoluto in parallelo con l’adeguamento alla media logic, lo sviluppo dei social media e le conseguenti possibilità offerte dalla rete, persino in termini di auto-reclutamento e di mitologie diffuse, dai lupi solitari ai foreign fighters. L’esito di questo processo, a fronte dell’ampliamento delle audiences ormai globali cui mira la gestualità del terrore, è una nuova complessità culturale e professionale in carico alle istituzioni, ai professionisti della sicurezza e agli operatori dei media, tutti chiamati a una gestione responsabile della narrazione terroristica e a una nuova capacità di contro-narrazione.
In linea con queste premesse, l’analisi focalizza la capacità dei media di farci conoscere (e ridimensionare) le strategie del terrorismo, ponendo le basi per quel “ritorno alla normalità ” che gli studi sulla percezione dell’emergenza indicano come primo passo verso una riconquista della razionalità . A questo scopo, le diverse Unità di ricerca lavoreranno nella direzione di integrare l’analisi di testi mediali con un approccio sperimentale, centrato sulla percezione dei messaggi del terrorismo presso le fasce più vulnerabili delle audiences e dunque finalizzato a sostenere i pubblici dall’eccesso di rappresentazione delle minacce nuove.
Nell’ambito di tale progetto, l’unità di ricerca della Link Campus University, di cui è responsabile scientifico Marica Spalletta, ha concentrato la propria attività sugli effetti della relazione tra terrorismo, identità religiosa e immigrazione sull’insicurezza percepita, approcciando tale tema dalle diverse prospettive della sua rappresentazione sui media mainstream (“Contro-narrazioni su terrorismo, identità religiosa e immigrazione. «Il Sole 24 Ore» vs «Avvenire»”), della sua percezione da parte dei cittadini (“Giovani, terrorismo e stili di vita”) e della sua condivisione sui social media (“Social media, terrorismo e percezione della sicurezza” e “La campagna social #hosposatounmusulmano”).
In particolare, ha focalizzato l’attenzione sulla definizione delle coordinate religiose e socio-politiche all’interno delle quali il terrorismo di matrice islamica si è sviluppato. Attraverso l’analisi delle strategie comunicative, dei prodotti testuali e audiovisivi, nonchĂ© delle azioni sul campo, ha messo in luce il complesso sistema di relazioni che intercorre tra l’identitĂ religiosa del Califfato, il suo rapporto col territorio, il suo progetto politico, le sue ambizioni istituzionali e le sue “alleanze” internazionali, nonchĂ© le analogie e le differenze rispetto ad altri fenomeni terroristici (in primis, Al Qaeda).
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